"Questa fanfic possiede contenuti non adatti ad un pubblico minorenne! Se sei minorenne, o una persona sensibile, sei pregato di non leggere" Titolo: Opium: Once I Loved an Illusion Fandom: Axis Power Hetalia Personaggi: Cina (Yao Wang), Inghilterra (Arthur Kirkland) Genere: Introspettivo, Erotico Rating: Rosso Avvertimenti: Oneshot, Lemon, Yaoi, Alternative Universe (AU) Conteggio Parole: 443 (Word) Note: Scritta per la mia cartella @ Criticoni per la Criticombola.
{ Opium: Once I Loved an Illusion ~
Arrivava sempre puntuale, ogni sera alla stessa ora: mai un minuto più e mai uno in meno. E, sin dalla prima volta che Yao Wang l’aveva visto aprire, e varcare la porticina della sua “modesta impresa a gestione familiare”, Arthur Kirkland si era sempre presentato come un giovane uomo distinto, elegante e indubbiamente di un elevato ceto sociale che, da una parte, non si sarebbe mai aspettato di veder diventare suo cliente, mentre dall’altra era per il cinese, immigrato a Londra da ormai anni, una vera e propria fonte di denaro. Ovviamente l’oppio non era un lusso per tutti e, nonostante gli introiti non mancassero, pochi erano quelli come Kirkland che sembravano, per aspetto e atteggiamento, dei principi. Era proprio per quello che lo trattava sempre con un certo riguardo in modo da tenerselo sia come amico e, soprattutto, come cliente: l’ultima cosa che infatti desiderava era avere dei nemici importanti e potenti. Quindi, alle dieci in punto, lo aspettava vicino alla porta - un sorriso sulle labbra e una buona dose di gentilezza e comprensione addosso - e quando l’uomo entrava lo salutava con un semplice, e dal dubbio accento londinese: “ Welcome, Mister Kirkland.”, per poi sporgersi a prendergli il cappello e il soprabito, aiutandolo con la solita accondiscendenza. Subito dopo lo accompagnava in una delle salette private, conducendolo lontano dagli altri clienti: l’aveva capito sin dal loro primo incontro quanto Kirkland fosse riservato e restio a mischiarsi agli altri habitué della Casa e ai giochi che i suoi fratelli e le sue sorelle erano soliti usare per allietare l’uso del fumo che vendevano. Lo osservava quindi stendersi nel suo giaciglio preferito e lasciarsi andare, perdendo quasi quell’aria austera che lo caratterizzava; mostrando, agli occhi del cinese, una certa mollezza di carattere. Perché per lui, chi si lasciava trasportare dalle droghe non aveva carattere: lo pensava di tutti i suoi clienti ma, ovviamente, aveva sempre tenuto la bocca chiusa. Yao era un tipo abbastanza saggio ed assennato, e nonostante la gestione di quella fumeria, lui non condivideva assolutamente l’uso dell’oppio per le sue capacità allucinogene, ma la vita a Londra non era semplice e i diversi come gli immigrati, le prostitute e gli ebrei ad esempio, erano guardati con sospetto e per dare un tetto sotto il quale stare e da mangiare alla propria famiglia bisognava arrangiarsi. Fruttavano parecchio quelle Case dell’Oppio e, nonostante le umiliazioni alle quali talvolta erano sottoposti, Wang e i suoi fratelli e le sue sorelle continuavano tutti a tirare avanti con la testa alta, orgogliosi di non essere schiavi della droga, come chi andava da loro alla ricerca di un effimero angolo di paradiso: tutti per soffocare pene e delusioni che, nella realtà, gravavano sulle loro teste. Yao però aveva presto imparato che la curiosità non rendeva come il silenzio e l’accondiscendenza; nonostante ciò, non poteva fare a meno di chiedersi perché Arthur Kirkland, giovane uomo così distinto e principesco, fosse lì a lasciarsi avvolgere da quel grigio fumo dalle dolci illusioni. Ma non gliel’aveva mai domandato: non era affar suo e sapeva che non avrebbe mai ottenuto risposta... anche se, era stato in grado di immaginare il motivo per la sua assidua presenza. “ Wang...” Un sospiro accompagnò la solita routine di quella lunga serata e Kirkland, senza troppe parole, invitò il cinese ad avvicinarsi, guardandolo con i suoi preziosi occhi di smeraldo offuscati dall’oppio, carezzandogli il viso con dolcezza mentre lo attirava a sé, chiudendogli le labbra con le sue. E c’era ancora tanta tenerezza in quel gesto e, nonostante la morbida e accogliente bocca sapesse d’oppio, a Yao piaceva sentire la lingua dell’inglese carezzare la sua, inseguirla e catturarla, ancora e ancora, fino a quando la mancanza di fiato non li costringeva a separarli, lasciando le loro bocche unite solo da un fine filo di saliva. Trovava piacevole quella danza e tutto ciò che ne seguiva, anche se era solo il preludio di un’altra delle tante umiliazioni alle quali sottostava senza mai ribellarsi. Non amava vendere il suo corpo e solo ai clienti più ricchi - quelli come Kirkland - era concesso il lusso di possederlo fino a quando i grigi fumi oppiacei non li lasciavano senza forze, conducendoli in un piacevole e soddisfacente sonno. Si stendeva quindi sull’uomo, lasciandosi privare dell’elegante abito di seta blu, tremando ad ogni lusinga che veniva donata al suo corpo; piccole attenzioni che erano in grado di rendere quell’umiliazione piacevole, così diversa da quello che provava con gli altri suoi amanti, fin troppo spesso violenti e desiderosi di sfogare la frustrazione e il dolore che provavano al di fuori di quella casa. Ma mai, Arthur Kirkland, si era abbassato a ferirlo, aveva sempre tentato di causargli più piacere possibile, trattandolo come il più prezioso dei gioielli, portando il cinese ad una sola conclusione: le sue pene, quelle che lo portavano a frequentare quella fumeria, erano d’amore. Un amore tanto forte quanto doloroso che riversava in Yao e soffocava poi nel fumo. Forse, era anche per quello che Wang trattava con molto più riguardo l’uomo, superando il fatto che fosse un cliente e una fonte di guadagno; perché quando Kirkland lo faceva coricare, salendo su di lui, e lo guardava con quegli occhi liquidi, offuscati dalla droga ma carichi di quel dolore che solo l’amore poteva dare, lo faceva sentire speciale. Non era più solo una prostituta d’alto borgo e non era neanche più un venditore di fumo: era solo l’illusione di Arthur, colei o colui che amava. E Kirkland diventava l’illusione di Yao, la persona che lo faceva sentire amato come nessun’altro era in grado di fare: senza violenza, cercando di essere più dolce e gentile possibile. Socchiuse quindi gli occhi, assecondando ancora una volta le labbra dell’uomo sulle sue e le mani che affondavano tra i lunghi capelli, liberandoli dalla costrizione dell’elastico. Wang sapeva benissimo che quei gesti non erano per lui e non lo sarebbero mai stati, ma restava ugualmente sotto l’inglese, beandosi delle sue carezze e dei suoi baci che, lenti e passionali, scendevano sul petto, soffermandosi in ogni centimetro di pelle più sensibile per sentire ogni singolo gemito e fremito. Inarcandosi, Yao, si fece sfilare i pantaloni neri, offrendo il suo corpo nudo all’amante e alle sue attenzioni sempre più eccitanti, che lo facevano mugolare indecentemente. Non si vergognava di quei versi, né dell’arrendevolezza che lo aveva colto, gli importava solo che Kirkland continuasse senza fermarsi, aiutato dal grigio fumo che continuava a riempire la camera con la sua tenera ed illusoria fragranza. Sempre in silenzio, l’inglese lambì con la lingua il ventre dell’altro scendendo sempre più in basso, causando un sussulto in Wang. Arthur non parlava quasi mai durante quei gesti né si era mai permesso di chiamarlo con un altro nome: era una forma di rispetto verso Yao. Era come se anche Kirkland fosse consapevole che quella era solo una splendida bugia causata dall’oppio. Nonostante il fumo e la droga, entrambi sapevano quale fosse la loro condizione e a nessuno dei due importava: c’era solo l’illusione e il piacere. Le labbra di Wang si schiusero nell’ennesimo sospiro, allargando le gambe in un muto invito accolto subito dall’inglese che, sempre con i suoi attenti gesti, iniziò a prepararlo con un solo dito bagnato dalla propria saliva. Sempre con lentezza, con quel suo così piacevole amore, Arthur aumentava le dita quando sentiva il cinese rilassarsi e iniziare a spingersi verso di lui, mugolando e ansimando, e in quel momento lo baciava ancora, quasi con venerazione sostituendo le falangi con la sua eccitazione, che andava ad intossicarsi con il calore di Yao; la più rara delle droghe che poteva desiderare: due braccia che lo stringevano, le labbra che sfioravano le sue e i loro corpi uniti in uno in quell’antica danza tanto piacevole da essere considerata peccato. E, avvolti dalla tiepida atmosfera di quella saletta privata, cullati dal profumo dell’oppio e dal suo grigio fumo, raggiungevano insieme l’appagamento stretti ancora in quell’abbraccio d’illusorio amore. Come sempre, da quando Arthur Kirkland aveva iniziato a frequentare quella fumeria nascosta nelle umide vie di Londra, dopo aver donato a Yao Wang il suo cuore - quello che non poteva dare alla persona che amava -, si lasciava andare ancora una volta, chiudendo gli occhi, e rilassandosi del tutto per quegli ultimi minuti che si concedeva ogni sera, permettendo al cinese di rivestirsi in silenzio. Poi, recuperata la sua aria austera e distinta, Kirkland si alzava dandosi un’ultima sistemata e si faceva riaccompagnare lungo i corridoi della casa, pagava Yao e se ne andava guardandolo negli occhi per un’ultima volta, in una muta promessa: sarebbe tornato, puntuale, la sera dopo.
Ancora una volta, entrambi, avevano amato un’illusione.
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